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Curiosamente, non ci mostrerà la sua coda. Per una casualità dovuta all’allineamento con la Terra, la coda sarà nascosta dalla chioma della cometa, soprattutto quando sarà più vicina a noi. Vedremo quindi una specie di nebulosa, una stella sfocata. Non capita spesso che una cometa sia così visibile: nel 2012 avevamo sperato nella ISON, che però si è disintegrata passando vicino al Sole.

Fonte: Andrea Bettini Rai News
Quali potrebbero essere i climi dei sette mondi di Trappist 1? Uno studio condotto dall’Università di Washington,  prova a fare il punto sulle diverse tipologie di atmosfere.
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#scoperte Individuati due pianeti solitari nella via Lattea
Gli astronomi potrebbero aver scoperto due pianeti raminghi in viaggio solitario nella Via Lattea. Secondo i ricercatori i due mondi rappresenterebbero solo la punta dell’iceberg di una vasta popolazione di mondi in giro per la nostra galassia. I due vagabondi planetari sono stati scoperti come parte dell’Optical Gravitational Lensing Experiment (OGLE) e appartengono a un gruppo elitario di circa una dozzina di pianeti privi di stella madre scoperti finora.

Nonostante l'esistenza di questi pianeti non sia un mistero da diversi anni, è comunque negli ultimi tempi che grazie alla tecnologia essi si possono individuare, essendo poco luminosi e freddi.
Le analisi

Per individuare i nuovi pianeti vagabondi i ricercatori hanno analizzato i dati di OGLE alla ricerca di eventi di microlensing avvenuti su tempi scala relativamente ridotti.
Ne hanno individuati due, OGLE-2012-BLG-1323 e OGLE-2017-BLG-0560, in linea con quanto ci si aspetterebbe dalla presenza di due mondi solitari in primo piano. Sulla base delle analisi, i ricercatori stimano che uno dei candidati abbia una massa tra quella della Terra e quella di Nettuno, mentre l’altro si collochi tra un mondo simile a Giove e una nana bruna. Le stime di distanza dei due mondi non sono sufficientemente accurate da vincolare più precisamente le masse degli oggetti. Se i due mondi fossero localizzati vicino a noi nel disco galattico, allora il pianeta più piccolo dovrebbe essere circa 2,3 volte più massiccio della Terra, mentre il più grande dovrebbe avere una massa pari a 1,9 volte quella di Giove. D’altro canto, se i pianeti fossero localizzati più lontano nel bulge della galassia, allora il più piccolo potrebbe avere una massa 23 volte quella terrestre, mentre il più grande potrebbe rivelarsi una nana bruna.
Per approfondire la questione saranno necessarie ulteriori osservazioni.
L’ammasso globulare NGC 1866, situato nelle periferie della Grande Nube di Magellano a 160.000 anni luce di distanza dalla Terra.
Approfondimento:
Questo raggruppamento scintillante di stelle, che sembra un caleidoscopio, è stato scoperto dall’astronomo scozzese James Dunlop nel 1826.

NGC 1866 è insolito, in quanto si tratta di un ammasso sorprendentemente giovane, situato abbastanza vicino a noi da poter studiare le sue stelle individualmente. In generale le osservazioni effettuate sugli ammassi globulari hanno rivelato che gran parte delle loro stelle sono vecchie e con basso contenuto di metalli (elementi più pesanti di idrogeno ed elio), tanto che questi oggetti vengono considerati tra i più antichi del cosmo.

Ma nel caso di NGC 1866 coesistono differenti generazioni di stelle all’interno dello stesso ammasso. Una volta che si è formata la prima popolazione di stelle, l’ammasso potrebbe aver incontrato una gigantesca nube gassosa, che ha fornito la materia grezza per una nuova ondata di nascita stellare, dando origine a una seconda generazione di stelle più giovani.
#scoperte
Il Sole diventerà una gigantesca stella di cristallo.
Un gruppo di astronomi dell’Università di Warwick ha ottenuto la prima prova diretta dell’esistenza di stelle “di cristallo”, nane bianche che si solidificano in una grande massa cristallina. La scoperta è illustrata su “Nature”.

L’esistenza di stelle di questo tipo era stata prevista cinquant’anni fa dall’astrofisico dell’Università di Rochester Hugh M. Van Horn, ma finora non era stata trovata alcuna prova diretta che le nane bianche fossero votate a questo destino: lo stesso a cui andrà incontro il nostro Sole nell’arco di una decina di miliardi di anni.
Cosa sono le nane bianche

Le nane bianche sono lo stadio finale dell’evoluzione di stelle di piccola massa che, dopo essere diventate per un certo tempo giganti rosse, perdono i loro strati esterni e iniziano a contrarsi e raffreddarsi rilasciando il loro calore residuo.

Sono anche fra gli oggetti stellari più antichi dell’universo, e hanno un ciclo di vita estremamente prevedibile, tanto da essere usate dagli astronomi come “orologi” per stimare l’età di gruppi di stelle vicine.

Alcune sembrano aver rallentato il loro invecchiamento di ben 2 miliardi di anni, pari al 15 per cento circa dell’età della nostra galassia: un risultato che comporta una revisione del modello di evoluzione di queste stelle.
Sotto le estreme pressioni dei nuclei delle nane bianche, gli atomi sono così densamente compressi che i loro elettroni si liberano, lasciando un gas elettronico conduttivo che segue le leggi della fisica quantistica, mentre i nuclei carichi positivamente assumono forma fluida. Quando il nucleo si raffredda fino a circa 10 milioni di gradi, è stata rilasciata abbastanza energia da innescare l’inizio della solidificazione del fluido, che porta infine alla formazione di un nucleo cristallino con un mantello di carbonio.
Una rete fluviale fossile su Marte.
Si tratta di una rete di canali fluviali fossili che si estende sulla superficie di Marte per oltre 700 chilometri.
Nirgal Vallis èuna delle più lunghe reti di letti fluviali presenti sul pianeta. Forgiato da un mix di acqua corrente e impatti di corpi rocciosi con la superficie marziana, è un sistema di canali che si trova a sud dell’equatore e la cui età – stimata esplorando le caratteristiche dei crateri circostanti, visibili nell’immagine come chiazze tondeggianti – sarebbe compresa tra i 3,4 e i 4 miliardi di anni.

La parte di Nirgal Vallis osservata dall’orbiter dell’Esa – il sistema biforcuto a forma di albero che si vede al centro dell’immagine di apertura – è quella che si trova verso l’estremità ovest dell’insieme di canali. È un tipo di rete fluviale caratterizzata da tante ramificazioni le cui terminazioni, piuttosto che finire in maniera netta e brusca, hanno una forma semicircolare che ricorda quella di un antico anfiteatro greco. Il fondo è liscio, regolare, e le ripide pareti, se tagliate in sezione trasversale, hanno una inconfondibile forma a ‘U’. Profondi 200 metri e larghi 2 chilometri, questi alvei sono stati interamente ricoperti di sabbia dall’azione del vento marziano che soffiava nella stessa direzione dei canali. L’altra estremità, quella a est, è meno ramificata e si apre nell’ampia Uzboi Vallis – probabilmente lago grande e antico che si è prosciugato molto tempo fa.
Gli scienziati sono concordi nel dire che un tale sistema si sia formato in modo analogo alle reti fluviali morfologicamente simili presenti sulla Terra. Poiché non sembrano esserci affluenti secondari che lo hanno alimentato, è probabile che l’acqua sia stata fornita da un mix di precipitazioni e dal flusso d’acqua superficiale proveniente dal terreno circostante. Anche se gli scienziati non escludono una terza possibile via, quella che in inglese si chiama groundwater sapping: un fenomeno che si verifica quando l’acqua, bloccata nel suo percorso verticale dalla superficie alla falda acquifera da uno strato impermeabile, filtra lateralmente fino a riversarsi nel canale.
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2024/04/25 04:20:12
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